-Don Giovanni-
Melodramma giocoso in due atti di W.A.Mozart su libretto di Lorenzo da Ponte
Torre di Castruccio - Avenza (MS)
16 Agosto 2015
Don Giovanni: Panajotis Iconomou
Leporello: Daniele Piscopo
Donna Elvira: Stefanna Kybalova
Donna Anna: Elisa Bartoli
Don Ottavio: Vladimir Reutov
Zerlina: SCILLA CRISTIANO
Masetto: Carlo Morini
Il Commendatore: Franco Montorsi
Coro: Coro dell’Opera di Parma
direttore del coro: M° Emiliano Esposito
Orchestra: Orchestra Cantieri d’Arte
Direttore: M° Stefano Giaroli
Regia: Pierluigi Cassano
Scene e Costumi: ArteScenica Reggio Emilia
Organizzazione: Fantasia in RE
Coordinamento artistico: Claudia Catellani
Coordinamento musicale: Carlotta Arata
Capo squadra tecnica: Gabriele Sassi
Maestro alle luci: Luciano Pellicelli
Segretaria di Produzione: Elena Cattani
Nella suggestiva Torre di Castruccio di Avenza (Massa Carrara) Fantasia in Re sarà presente con l'opera Don Giovanni il 16 agosto. L'Orchestra Cantieri d'Arte sarà diretta dal M°Stefano Giaroli, il Coro dell'Opera di Parma sarà diretto dal Maestro del Coro Emiliano Esposito, la Regia è affidata a Pierluigi Cassano.
Note di Regia
DON GIOVANNI. Un'opera immensa, degna di stare accanto alle più grandi creazioni dell'umanità, quali la Divina commedia e la Cappella Sistina; un capolavoro che ci parla, come ogni vera opera d'arte, della nostra condizione di esseri umani. Già ai contemporanei di Mozart apparve chiaro che quest'opera, nonostante gli ossequi alla morale imperante, non è la banale storia di un malfattore che viene castigato. Don Giovanni è colui che, sprezzante di ogni convenzione, va in cerca dell'assoluto e perisce cercando di trascendere i limiti dell'uomo: a lui va la nostra simpatia e, se pure viene sconfitto, noi percepiamo che la sua sconfitta vale più della vittoria degli altri personaggi, che si sentivano vivi solo grazie a lui e che, senza di lui, condurranno un'esistenza mediocre e frustrata. Tali implicazioni sono una vera tentazione per il regista, il quale trova anche estrema libertà d'azione nell'atmosfera indefinita che avvolge tutta l'opera (interventi su titoli dalla scansione spaziotemporale più solida, come La traviata e Tosca, sono evidentemente più pericolosi). Però si corre anche il rischio di esagerare e, pur considerando diritto e dovere del regista il proporre una propria interpretazione, non voglio che la mia lettura diventi una riscrittura. Cerco sempre di far sì che i miei spettacoli offrano più livelli: lo spettatore non esperto d'opera deve poter capire ciò che vede, il melomane deve ricevere nuovi stimoli (e, se crede, non condividerli). Propongo quindi uno spettacolo dall'impostazione tradizionale ma non meramente illustrativa. L'impianto scenografico fisso, con pochi elementi che connotano i vari quadri, è settecentesco all'apparenza, ma non decorativo: diventa uno spazio neutro in cui vorrei far risaltare la rete di inganni reciproci tra i vari personaggi, attraverso una mia cura particolare della loro disposizione sulla scena e della gestualità (a tratti volutamente statuaria). È insomma un gioco teatrale col sapore della Commedia dell'Arte, dalla quale prelevo anche un altro elemento importante dello spettacolo: la maschera. Già richiesta dal libretto, la utilizzo ampiamente perché simboleggia a perfezione la messa in discussione dell'identità propria e altrui (ogni personaggio della vicenda almeno una volta si finge qualcun altro o viene scambiato per qualcun altro) che credo sia la vera perturbante chiave di questa sublime opera.
DON GIOVANNI. Un'opera immensa, degna di stare accanto alle più grandi creazioni dell'umanità, quali la Divina commedia e la Cappella Sistina; un capolavoro che ci parla, come ogni vera opera d'arte, della nostra condizione di esseri umani. Già ai contemporanei di Mozart apparve chiaro che quest'opera, nonostante gli ossequi alla morale imperante, non è la banale storia di un malfattore che viene castigato. Don Giovanni è colui che, sprezzante di ogni convenzione, va in cerca dell'assoluto e perisce cercando di trascendere i limiti dell'uomo: a lui va la nostra simpatia e, se pure viene sconfitto, noi percepiamo che la sua sconfitta vale più della vittoria degli altri personaggi, che si sentivano vivi solo grazie a lui e che, senza di lui, condurranno un'esistenza mediocre e frustrata. Tali implicazioni sono una vera tentazione per il regista, il quale trova anche estrema libertà d'azione nell'atmosfera indefinita che avvolge tutta l'opera (interventi su titoli dalla scansione spaziotemporale più solida, come La traviata e Tosca, sono evidentemente più pericolosi). Però si corre anche il rischio di esagerare e, pur considerando diritto e dovere del regista il proporre una propria interpretazione, non voglio che la mia lettura diventi una riscrittura. Cerco sempre di far sì che i miei spettacoli offrano più livelli: lo spettatore non esperto d'opera deve poter capire ciò che vede, il melomane deve ricevere nuovi stimoli (e, se crede, non condividerli). Propongo quindi uno spettacolo dall'impostazione tradizionale ma non meramente illustrativa. L'impianto scenografico fisso, con pochi elementi che connotano i vari quadri, è settecentesco all'apparenza, ma non decorativo: diventa uno spazio neutro in cui vorrei far risaltare la rete di inganni reciproci tra i vari personaggi, attraverso una mia cura particolare della loro disposizione sulla scena e della gestualità (a tratti volutamente statuaria). È insomma un gioco teatrale col sapore della Commedia dell'Arte, dalla quale prelevo anche un altro elemento importante dello spettacolo: la maschera. Già richiesta dal libretto, la utilizzo ampiamente perché simboleggia a perfezione la messa in discussione dell'identità propria e altrui (ogni personaggio della vicenda almeno una volta si finge qualcun altro o viene scambiato per qualcun altro) che credo sia la vera perturbante chiave di questa sublime opera.
PH Davide Giovanelli 2015 |
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