- Pollicino -
Favola per musica da fiabe di Collodi, Grimm e Perrault Libretto di Giuseppe Di Leva Musica di Hans Werner Henze.
Teatro Comunale di Bologna. Bologna
Febbraio 1991
Pollicino: SCILLA CRISTIANO
Clotilde: Teresa Tondolo/Laura Turone
Madre di Pollicino: Claudia Nicole Bandera
Padre di Pollicino: Gastone Sarti
La Maglie dell'Orco: Laura Zannini
L'Orco: Arturo Testa
Il Lupo: Alfonso Marchica
Maestro del coro: Bruno Zagni
Assistente alla Regia: Francesco Esposito
Orchestra e coro del conservatorio di musica G.B. Martini di Bologna
Direttore d'orchestra: Adriano Melchiorre
Regia: Filippo Crivelli
Scene e costumi: Lele Luzzati
Allestimento del Teatro Alla SCALA DI MILANO
Henze ha saputo creare tessuti armonici molto sofisticati, pur sfruttando melodie semplici e popolareggianti. Risuonano echi di Mozart (autore che ha presa immediata e universale sui bambini), ma anche di Mahler, Schubert, Schumann, Haydn e, naturalmente, dell’opera italiana. Le tecniche di avanguardia spesso ‘svelano’ ai partecipanti e agli ascoltatori aspetti ludici che avviano una catena di sensi e significati. Gli interludi strumentali veri e propri sono pagine di intensa espressività, che si collegano con naturalezza agli ariosi semplici e cantabili delle parti vocali. La vitalità teatrale di Henze modella il materiale popolare (autentico, rielaborato o soggettivamente reinventato) sulla metrica dei versi e sulle scansioni psicologiche della favola. Vi sono infatti cellule, temi o atmosfere timbriche che contrassegnano le pulsioni primarie del racconto. Il ritmo iniziale delle percussioni, ad esempio, percorre tutta l’opera come richiamo alle paure dell’infanzia e dell’inconscio. L’opera è ricca dihumour, ma sono molti gli spunti drammatici e di denuncia: ad esempio nel tema inquietante di Pollicino, nella cupa tristezza della seconda scena (quando i genitori, ascoltati da Pollicino, decidono di abbandonare i ragazzi), nel senso di straniamento della quarta scena dove si mescolano sapientemente tonalità e politonalità. Momenti di magica sospensione, come il recitativo e aria di Pollicino del terzo quadro, si alternano all’irruzione giocosa delle scene a soggetto (affidate a interventi aleatorii e improvvisativi) e all’energia solare di situazioni catartiche come l’incontro con gli animali nella nona scena. Nell’episodio conclusivo, quando Pollicino e Clotilde si alleano con i rispettivi fratelli e sorelle, il superamento del fiume segna il difficile ma necessario passaggio verso la coscienza e l’autonomia. Henze e Di Leva optano infatti per una sorta di ribellione da parte dei ragazzi, che dopo essere stati abbandonati per ben due volte, essendosi salvati grazie all’intervento degli amici animali, ma anche alla loro capacità di cavarsela, decideranno di ribellarsi al cinismo – per quanto disperato – dei genitori.
Le figlie degli orchi sveleranno la loro bellezza nascosta quando il percorso di iniziazione alla vita e all’amore le condurrà, insieme a Pollicino e ai suoi fratelli, nel mondo degli adulti, forti di un carico libertario che l’infanzia ha donato loro e del quale, si spera, non si dimenticheranno tanto facilmente. L’impegno etico, che segna con rara autenticità e concreta passione tutta la vita e la carriera di Henze, trova modo di rivolgersi direttamente ai fanciulli. Ciò che colpisce, però, è la grande raffinatezza musicale di un’opera destinata ai ragazzi e da loro interpretata. Il che conferma caratteristiche presenti in tutta la sua produzione: innanzittutto l’aspetto fattivo, artigianale e comunicativo dell’arte, recuperata al compito principale di coinvolgere, divertire, far pensare. La semplicità dei mezzi utilizzati è come una sfida per Henze, che dimostra come il talento musicale possa piegare la propria energia trasgressiva alle più varie finalità. Le geometrie psicologiche della favola sono via via evocate attraverso l’uso sapiente e vario di tonalità, politonalità, serialismo, cadenze popolari e tessuti armonici dissonanti. L’archetipo della narrazione viene recuperato come forza ancestrale, fisiologica e percettiva, non come veste linguistica passibile di essere gettata dietro le spalle e arbitrariamente sostituita con un altro codice. Il che permette ai bambini e agli adulti di ‘raccontarsi’ e quindi di infrangere la nozione del tempo univoca, tecnologica e positivistica. La malinconica denuncia per le condizioni di miseria di tante famiglie tocca nel vivo non solo gli insegnanti e gli operatori, che convivono quotidianamente con queste realtà, ma anche il pubblico, i professionisti, gli studiosi, i ‘divi’. Strettamente connesso a questo impegno, scaturisce il bisogno di costruire, ricostruire, inventare e crescere. Henze riesce miracolosamente a familiarizzare i bambini con la tradizione musicale colta, con quella popolare e con le tecniche d’avanguardia. Inoltre mette in contatto i diversi stadi dell’istruzione musicale (dal principiante al ragazzo che studia in vista di un futuro impiego musicale, al professionista già formato) con i differenti livelli sociali e di partecipazione al mondo musicale (dai genitori dei bambini alle più prestigiose istituzioni). Connessioniecombinazionisi rivelano fulcro della sua modernissima poetica, sintonizzata con le tendenze filosofiche e scientifiche più aggiornate, duttili e aperte.
Nella ‘favola per musica’Pollicino, scritta durante l’inverno 1979-80 con un preciso intento pedagogico e di partecipazione sociale, possiamo riconoscere alcuni tra gli aspetti più significativi e vitali dell’estetica di Henze. Il suo addio al ruolo di direttore artistico del Cantiere di Montepulciano è segnato proprio da quest’opera, che coinvolge attivamente i ragazzi della cittadina toscana, riuniti nel gruppo Concentus Polizianus, per avvicinarli alla musica attraverso un’esperienza concreta. L’organico è naturalmente pensato per loro, con un’ampia prevalenza di flauti dolci cui si aggiungono chitarre, violoncello, contrabbasso, violini (almeno tre), gli strumenti dell’Orff-Schulwerk (sostituibili con percussioni di altro genere), un violino concertante, un pianoforte, un harmonium. L’autore lascia comunque ampio spazio a interventi che dipendono dal contesto e dalle diverse possibilità di allestimento. Pianoforte e violino solisti hanno parti destinate ad adulti professionisti (eventualmente gli insegnanti). I personaggi sono interpretati da bambini, a eccezione dei ruoli del padre e della madre di Pollicino, dell’orco, di sua moglie e del lupo, che richiedono cantanti professionisti, anche d’opera, purché si sforzino di ottenere un’emissione naturale, non troppo contrastante con quella dei bambini. La vicenda, come avverte il librettista Di Leva, che ha costruito unplotagile e unitario, prende spunto da fiabe di Collodi e di Perrault. Per quanto riguarda Grimm, non si ispira solo aPollicinoma anche aHänsel e Gretel. Di Leva ha concepito la storia tenendo conto degli scritti di Bettelheim sui miti e sulle favole.
|
Le dediche dei "colleghi..." |